La Belle Époque nei gioielli di Bellosguardo

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Archivio fotografico Bellosguardo

L’Archivio Bellosguardo è un progetto pilota ideato dal fotografo Alessandro Imbriaco con la collaborazione scientifica dell’Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione, il coordinamento dell’Associazione Rehub Alburni e il patrocinio del Comune di Bellosguardo che nasce con l’obiettivo di costituire un archivio fotografico del Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni che oltre a conservare la memoria e l’identità di quei luoghi, possa essere anche strumento di promozione e sviluppo territoriale. il progetto ha avuto principalmente lo scopo di digitalizzare le fotografie appartenenti alle famiglie di Bellosguardo, sottraendole alla dispersione e all’oblio, riconoscendone valenza storica e documentaristica.

Tra le grandi innovazioni: l'invenzione delle perle coltivate

Le immagini dell’Archivio Bellosguardo ci offrono testimonianza della trasformazione sociale e culturale tra la fine dell'Ottocento e la prima metà del Novecento ove le perle hanno svolto un ruolo distintivo nell'ornamentazione femminile. 

Ciò avvenne anche e soprattutto alla innovazioni introdotte da Kokichi Mikimoto che, nel 1893, sviluppò con successo la tecnica di coltivazione di perle, contribuendo a trasformare l'industria delle perle: i suo metodo consisteva nell'introdurre nuclei nelle ostriche, stimolando la produzione di perle più uniformi e attraenti. Questa intuizione ebbe un impatto significativo sul versante economico. La produzione su larga scala di perle coltivate rese questi gioielli più accessibili al pubblico, democratizzando il lusso delle perle e influenzando notevolmente il mercato. Le perle, una volta riservate alle classi più abbienti, divennero un simbolo di eleganza alla portata di un pubblico più ampio. La diffusione delle perle coltivate fu un processo graduale: inizialmente Mikimoto dovette affrontare scetticismo e sfide tecniche nel perfezionare la sua tecnica ma alla fine degli anni '20, le perle coltivate erano ben consolidate nel mercato gioielliero, segnando un cambiamento radicale nei tempi e nelle dinamiche dell'industria delle perle. Durante la Belle Époque, le donne della classe alta sfoggiavano collane di perle intricatamente intrecciate, mentre negli anni '20, l'eleganza delle flapper era completata da lunghe stringhe di perle che accarezzavano l'abbigliamento moda. Il cinema hollywoodiano degli anni '30 contribuì a perpetuare l'aura di glamour legata alle perle, grazie a icone come Coco Chanel, che le incorporò nei suoi design rivoluzionari. La cultura delle perle raggiunse il suo apice negli anni '50, con Audrey Hepburn immortalata con un girocollo di perle nel film "Colazione da Tiffany". Le perle divennero un simbolo di femminilità e raffinatezza, testimonianza di un'epoca di cambiamenti e di una moda intramontabile.

La Belle Époque nei gioielli di Bellosguardo

La Belle Époque fu un periodo di opulenza e spensieratezza, in cui le donne dell’alta società seguivano le tendenze parigine e si vestivano con abiti di pizzo, corpetti floreali, cappelli e gioielli preziosi. Le donne si ispiravano alle attrici del cinema muto e alle modelle delle riviste di moda, e sfoggiavano, come nella donna in foto, acconciature elaborate con onde e riccioli pettinati e fissati intorno alla testa, creando una cornice armoniosa per il viso, qui arricchito da un bandeau con strass, la finta pietra dall'aspetto trasparente inventata dal gioielliere lussemburghese Georges Friedrich Strass nel XVIII secolo. Questo stile era molto popolare tra le donne edoardiane ed era una acconciatura anche funzionale in quanto permetteva di indossare cappelli e copricapi vari, accessori indispensabili per le occasioni formali e informali. Il trucco della donna in linea con la tendenza dell’epoca che privilegiava un aspetto fresco e innocente con la particolarità tipica dell'epoca degli smokey eyes applicando sugli occhi del khol, una pasta indiana molto scura. Anche le ciglia vengono scurite e infoltite utilizzando il mascara. Sulle guance del borotalco o della polvere di riso per accentuare l’effetto dark tipico delle flapper girl mentre le labbra dovevano essere piccole e scure, disegnate a cuore o ad arco di Cupido. Il vestito della donna è di pizzo delicato, decorato con elementi floreali i cui motivi intricati sono ben visibili. Il pizzo era un tessuto molto apprezzato e costoso, che simboleggiava la ricchezza e il lusso. Il colore del vestito non è chiaro a causa della natura monocromatica e della qualità della foto, ma potrebbe essere bianco, crema o pastello, tonalità tipiche dell’abbigliamento femminile edoardiano. Sulla spalla sinistra del giacchino ricamato la donna porta una spilla di fiori in tessuto. Presente anche un'altra spilla a navetta con una perla centrale e un giro di brillanti e una lunga catena a torchon, probabilmente in oro, che potrebbe essere la stessa presente in questa ulteriore immagine, della medesima donna. Qui si intravedono due grandi orecchini pendenti con una perla montata al lobo ed un'altra grande perla a goccia montata ad una sottile catena. Orecchini diversi rispetto al modello a toppa della precedente foto ma uguali a quelli della immagine successive sono si possono meglio apprezzare.

La donna con un gioiello mai visto prima: l'orologio

Nelle immagini dell’Archivio Bellosguardo compaiono diverse immagini di donne con orologi da polso, tra cui una, la più antica, su cui ci soffermeremo. In questa immagine spicca la nobildonna in piedi che vediamo indossare un cappello a tesa larga, decorato con piume, fiori o nastri, che copre la maggior parte dei capelli e si adatta alla forma del viso. Questo tipo di cappello era molto popolare tra le donne del primo Novecento le quali lo indossavano per proteggersi dal sole, ma anche per esprimere la propria personalità e il proprio gusto. Il cappello a tesa larga era infatti considerato un simbolo di eleganza e di femminilità. 

Oltre al cappello troviamo una collana con molti fili di perle montata in platino, oppure in oro o argento, con pietre preziose, verosimilmente diamanti. Queste vistose collane, lunghe, corte o a girocollo, riflettevano lo stile e la personalità di chi le indossava, e si abbinavano perfettamente ai vestiti eleganti e alla moda dell’epoca. Le perle, simbolo di purezza e femminilità, erano molto apprezzate e potevano essere di varie forme, colori e dimensioni. Gli elementi in platino, argento, oro e pietre preziose aggiungevano un tocco di lusso e di brillantezza alle collane, e potevano essere di diversi tipi, come ciondoli, pendenti, medaglioni, monete, croci, cuori, stelle, fiori, animali e altro. Le pietre preziose potevano essere di vari colori, come il rosso del rubino, il blu dello zaffiro, il verde dello smeraldo, il viola dell’ametista, il giallo del topazio, il bianco del diamante e altri.

Notiamo ancora ben tre anelli al suo anulare sinistro tra cui uno con diamante o un'acquamarina che spicca di luce nella penombra. Così come appena accennata sul petto dell'uomo, quella che probabilmente è la testa in metallo o in perla di una spilla da cravatta. Infine osserviamo  un particolare, l'orologio da polso della nobildonna, un oggetto nuovo nella millenaria storia dei gioielli, che affonda le sue radici a Napoli grazie ad una donna, la regina Carolina Bonaparte, sorella minore di Napoleone e confortevole di Gioacchino Murat che tra il 1808 e il 18014 commissionò ben trentaquattro orologi e pendole al maestro orologiaio svizzero Abraham-Louis Breguet. Nell'archivio storico della Maison Breguet, in Place Vendome a Parigi, sono conservati i libri sulle commissioni e, a pagina 29, si legge che l'8 giugno 1810 la regina di Napoli commissionò due segnatempo originali: un orologio grande complicazione da carrozza, del costo di 100 luigi (in orologeria la complicazione è tutto ciò che non riguarda l'ora), "e un orologio per bracciale a ripetizione, la cui realizzazione le [veniva] proposta al costo di 5000 franchi”, ovvero il primo orologio da polso della storia, il segnatempo Breguet n. 2639, un esemplare di eccezionale raffinatezza e dall'architettura assolutamente inedita: un segnatempo a ripetizione con complicazioni di forma ovale straordinariamente sottile, montato su un bracciale di capelli intrecciati con fili d’oro. Di questo orologio n. 2639 se ne ha traccia nei registri delle riparazioni del 1849 e del 1855 ma, ad oggi, nulla più si sa di quello che è stato il primo orologio da polso della storia.

Il cammeo

L'Archivio Bellosguardo offre la possibilità di introdurre anche nel mondo del cammeo del corallo, un’arte antica che nasce come sviluppo della glittica di cui pure abbiamo esempi negli anelli di Roccagloriosa o del Museo Archeologico provinciale della Lucania Occidentale.

La glittica o gliptica è una parola che deriva dal verbo greco γλύφειν che significa incidere, scolpire, ed è per l'appunto l’arte dell’incisione di gemme o pietre dure, soprattutto cristallo di rocca, ametista, agata, diaspro, corniola, calcedonio. La tecnica consiste nell’intagliare a incavo o in rilievo la superficie della pietra, creando figure o soggetti vari. Il cammeo - nome la cui origine è incerta - è una varietà di glittica che si ottiene incidendo in rilievo pietre o conchiglie a strati di colore diverso, in modo da creare un contrasto tra lo sfondo e la figura. Il cammeo ha origini antiche e si diffuse nell’arte greca, romana, persiana e sasanide. I cammei più famosi sono quelli dell’epoca imperiale romana, che raffigurano personaggi storici o mitologici, come il Cammeo Gonzaga del Museo dell’Ermitage di San Pietroburgo, la Tazza Farnese conservata presso il Museo Archeologico Nazionale di Napoli, la celebre Gemma augustea custodita presso il Kunsthistorisches Museum di Vienna e il Gran Cammeo di Francia, il più grande cammeo antico a noi giunto, custodito presso il  Cabinet des Médailles di Parigi e, probabilmente, opera di Dioscuride, uno dei grandi incisori dell’antichità assieme al greco Pirgotele di cui nulla però ci è giunto. Il cammeo di corallo è una varietà di cammeo che si ottiene incidendo il corallo, una sostanza organica prodotta da alcuni animali marini. che ha diverse tonalità di colore, dal bianco al rosso, e viene usato da secoli per creare gioielli e ornamenti. La storia del cammeo di corallo si intreccia con quella della città di Torre del Greco ove, il 27 marzo 1805, Paolo Bartolomeo Martin, un marsigliese di origini genovesi esperto nella lavorazione del corallo, ottenne dal re Ferdinando IV la concessione ad aprire la prima fabbrica per la lavorazione del corallo ma anche l’esenzione dai dazi per l’esportazione, in cambio di formazione per giovani apprendisti. A ben vedere il rapporto della città di Torre del Greco con il corallo è precedente poiché già praticata la pesca, ma senza dubbio il 1805 rappresenta un anno di svolta che si è consolidata nel corso degli anni e che permane tutt’oggi, anche con l’aspirazione ad una iscrizione dell’arte dell’incisione del corallo a patrimonio immateriale dell’umanità quale patrimonio di conoscenze e competenze di valore universale. 

Il cammeo di corallo è una varietà di cammeo che si ottiene incidendo il corallo, una sostanza organica prodotta da alcuni animali marini. che ha diverse tonalità di colore, dal bianco al rosso, e viene usato da secoli per creare gioielli e ornamenti. La storia del cammeo di corallo si intreccia con quella della città di Torre del Greco ove, il 27 marzo 1805, Paolo Bartolomeo Martin, un marsigliese di origini genovesi esperto nella lavorazione del corallo, ottenne dal re Ferdinando IV la concessione ad aprire la prima fabbrica per la lavorazione del corallo ma anche l’esenzione dai dazi per l’esportazione, in cambio di formazione per giovani apprendisti. A ben vedere il rapporto della città di Torre del Greco con il corallo è precedente poiché già praticata la pesca, ma senza dubbio il 1805 rappresenta un anno di svolta che si è consolidata nel corso degli anni e che permane tutt’oggi, anche con l’aspirazione ad una iscrizione dell’arte dell’incisione del corallo a patrimonio immateriale dell’umanità quale patrimonio di conoscenze e competenze di valore universale.

Bibliografia e sitografia

www.fotografia.iccd.beniculturali.it/archiviobellosguardo

Alba Cappellieri, Gioielli del Novecento. Dall’Art Noveau al design contemporaneo in Europa e negli Stati Uniti, Skira, 2010

Jean Lanllier e Marie-Ann Pini ,Cinque Secoli di Gioielleria in Occident, Hoepli - 1972

Melissa Gabardi, Gioielli. Gli stili e il mercato, Mondadori,1984

Clare Phillips, Gioielli. Breve storia dall'antichità a oggi, Rizzoli, 2003

www.breguet.com/it/cronologia/1801-1823/invention/il-primo-orologio-da-polso-10833

www.comitatopromotoretdg.it

https://www.assocoral.it/musei/museo-del-corallo-e-del-cammeo

https://www.parconazionaledelvesuvio.it/territorio-vesuviano/agricoltura-e-artiginato/lavorazione-artistica-del-corallo-e-del-cammeo/

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